FABBRI ANGELO

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FABBRI ANGELO

Forlì, 1957 – 2004

Fin da giovane Angelo Fabbri si interessa d’arte e scopre la grande tradizione pittorica italiana nei musei di Forlì dove l’attirano soprattutto le opere di Marco Palmezzano e di Guido Cagnacci. La smaltata precisione esecutiva del primo, unitamente alle metallicità della scuola ferrarese del Quattrocento, concorrerà alla sua visione di una figurazione non emozionale ma algida e distaccata. Frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dove incontra Umberto Folli e Luciano Caldari. Inizia la sua attività espositiva nel 1977 proponendo opere ispirate ai maestri dell’arte italiana e assimilabili al fenomeno del Citazionismo. Successivamente la sua ricerca, abbandonati gli esiti più marcatamente iperrealisti, si muove in una direzione più personale pur con evidenti richiami a tendenze quali la Metafisica, il Realismo Magico e il Novecento. I soggetti sono quelli più comuni e i ritratti sono quelli di familiari o di amici. Questa sorta di ascetica autocostrizione tematica è tradotta in una pittura di eccezionale livello dal punto di vista tecnico e sempre alla ricerca di nuove sfide esecutive: la resa dei petali di un fiore, delle geometrie di un pavimento, delle venature di un legno, delle pieghe di un lenzuolo, delle luci e delle ombre su un uovo, delle sottili pagine di un libro o dell’impercettibile inarcarsi di un foglio da disegno sul piano di un tavolo da lavoro. Anche in questa ossessione, che tradisce uno sguardo non tanto rivolto alla superficie delle cose quanto a una loro intima essenza liberata dal rumore del contingente, è rinvenibile un richiamo alle idealizzazioni dei maestri del passato di riferimento. Pittore apertamente figurativo Fabbri potrebbe invece essere ascritto per paradosso al filone minimalista di cui sembra avere recepito la tautologica parola d’ordine, un cubo è un cubo, che connette le ricerche matematiche e prospettiche di Paolo Uccello con Sol Lewitt e Donald Judd. Questa visione cristallina del reale è accompagnata, modernamente e forse anche personalmente, da un pervaso senso di claustrofobia, di impotenza al divenire, di solitudine, di fine e anche di morte cui alludono con evidenza la cerea fissità dei suoi ritratti e le quasi ceramiche smaltature degli oggetti messi in rappresentazione. Pittore tragico, Angelo Fabbri ha portato a uno dei suoi più estremi livelli la finzione della rappresentazione per giungere alla conclusione, non sappiamo se definitiva o provvisoria vista la sua precoce scomparsa, che quello che vediamo non è altro che quello che vediamo. Oltre alle presenze a manifestazioni artistiche locali, Fabbri ha partecipato alla XIII Quadriennale di Roma (1998), dove la sua opera ha ottenuto il Premio Acquisto da parte della Camera dei deputati, a “La pittura ritrovata” (Museo del Risorgimento di Roma, 1999), e a mostre a Ostenda, Bruxelles, Alessandria, San Gimignano. Claudio Spadoni, Vittorio Sgarbi, Arnaldo Romani Brizzi, Bruno Mantura, Marco Di Capua e Maurizio Calvesi si sono interessati al suo lavoro.

(F.B.)

Bibliografia essenziale

Angelo Fabbri
testi di C. Spadoni e A. Mingotti, catalogo della mostra alla Galleria Il Vicolo di Cesena
Cesena 1998

Fondi

eredi Fabbri, Forlì

News

Le tre opere di Angelo Fabbri (Pittore, gli oggetti, le uova; Natività e Natura morta) danno conto della linearità della sua ricerca pittorica. In interni allestiti come un set fotografico, pose, luci e ombre sono attentamente calcolate al fine di cogliere istanti perfetti: silenziosi e senza tempo preciso come in Piero della Francesca, semplici e complessi, quotidiani ed eterni.

2021-01-22T10:49:02+00:00agosto 6th, 2015|Artisti, F|