Faenza, 1926 – 2002
Carlo Zauli è la più significativa figura di artista con la ceramica degli anni Sessanta e Settanta italiani. Con Zauli, l’arte della ceramica esubera dai confini di arte minore, diviene espressione d’arte tout court e, con la riscoperta di un materiale ad alta temperatura come il grés, può ambire a dimensioni monumentali in dialogo con gli spazi esterni e la natura. Zauli si forma all’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza, dove ha per maestri Domenico Rambelli, Anselmo Bucci e Angelo Biancini, e si diploma in Tecnologia Ceramica, significativo titolo per i futuri indirizzi della sua attività. Dopo prove oggettuali con la maiolica, verso la fine degli anni Cinquanta si concentra sul grés. Nel suo studio convergono, attirati dalle sue ricerche – in parte indotte dalla presenza faentina di Albert Diato – Nanni Valentini, Giuseppe Spagnulo, Franco Bucci, Panos Tsolakos e anche artisti come Arnaldo Pomodoro. Tra indagini sul grés, istanze tardo-informali e suggestioni orientali, Zauli mette a punto una cifra personale: tecnicamente perfetta e capace di interpretare le tensioni ideali di quegli anni. Nel 1957 espone alla Galleria Montenapoleone di Milano. Nel 1958 vince il “Premio Faenza” con un’opera in grés, la prima nella già lunga storia del concorso faentino in questo materiale, e nello stesso anno ottiene la cattedra di Tecnologia Pratica all’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza. Nel 1960 è tra i fondatori della fabbrica di piastrelle “La Faenza” cui fornirà per trent’anni disegni per superfici o decori. Nel campo del design collaborerà anche con Rosenthal nel 1979. Intensissima è la sua attività espositiva. Immune da brutalismi materici ed eccessi grafici la ricerca oggettuale e scultorea di Zauli è piuttosto incline, tra Mediterraneo e Oriente, a rinsaldare forme compiute, raffinate, eleganti e tecnicamente perfette. Dall’inizio degli anni Sessanta, l’artista utilizza sempre più una monocromia bianca con sfumature grigie, rosa e brune che diventerà famosa come “bianco Zauli”. Negli anni Sessanta nascono i cicli delle Sfere, del Cubo alato e delle Colonne. Il suo lavoro continua ad essere “freddo”, non emozionale, antiretorico e accuratamente calcolato. Un’idea di classica eleganza e di armonia permane al di là delle rotture, delle lacerazioni e della fluidità delle materie che caratterizzano le opere di questo periodo. Seguiranno i cicli delle Zolle e delle Arate. Il suo lavoro è enormemente apprezzato in Giappone. Le maggiori gallerie d’arte italiane ed europee e la critica più avvertita si interessano al suo lavoro. Colloca opere di grande dimensione a Faenza, in Italia e anche negli Stati Uniti. Negli anni Novanta si dedica a opere autoriflessive e di riconsiderazione del proprio lavoro degli anni precedenti. Carlo Zauli ha vinto per tre volte il “Premio Faenza” (1953, 1958 e 1962).
(FB)
Bibliografia essenziale
Carlo Zauli. L’alchimia delle terre 1952 – 1991
a cura di G. Cortenova e L. Fabbri, catalogo della mostra al Museo Internazionale delle Ceramiche e al Museo Carlo Zauli di Faenza
Faenza 2002
Carlo Zauli, a retrospective
con testi di K. Iwaki, L. Caramel, C. Spadoni, R. Matsubara, catalogo della mostra al Museo Nazionale d’Arte Moderna di Kyoto, 2007
Fondi
Museo Carlo Zauli, Faenza
News
La terra è stata il mezzo artistico privilegiato di Carlo Zauli e alla terra – tra escrescenze, rotture, frantumazioni, deformazioni e tentativi di razionalizzazione – le sue opere fanno riferimento. Tra seduzioni del disordine e aspirazioni a un ordine astratto-geometrico, Zauli persegue un ideale di forma compiuta, quasi classica. L’artista si è fatto spesso riprendere fotograficamente su campi appena arati quasi a volere sottolineare l’inscindibilità del rapporto tra forma e natura nella sua opera.